Clara Schiavoni recensisce il mio “Speziali a Siena nei secoli XIV-XV”

SPEZIALI A SIENA NEI SECOLI XIV-XV

Terminare di leggere questo saggio, chiudere gli occhi e ritrovarsi a Siena davanti alla spezieria di Domenico di Bartolomeo di Luca aromatario è stato tutt’uno: guardo l’insegna della lupa appesa fuori della bottega, entro e sono subito avvolta dall’odore buono delle erbe e delle spezie che pervadono l’ambiente e mi fanno sentire immersa nella natura. Intanto osservo gli scaffali su cui fanno bella mostra contenitori di acque con erbe aromatiche e fiori, di olii, unguenti, semi e medicinali nei loro “vagelli e vagellini” e scatole veneziane. Catturano la mia attenzione anche l’abaco, le due stufe, il grande bancone centrale e quello piccolo posto di lato. Ma è l’armadio che mi attira, custode delle pietre preziose: lapislazzuli, perle, smeraldi, granati anche sotto forma di polvere da bere diluita nell’acqua, e coralli rossi e bianchi. Pietre preziose e coralli ricercati per le loro proprietà curative. Dentro “l’armario”, altrettanto prezioso quanto le pietre, anche lo zafferano “considerato un rimedio medicamentoso quasi universale.”
In luogo ben custodito che non mi è dato vedere si trovano i veleni come “l’arsenico pesto probabilmente usato in campo cosmetico per levigare la pelle del viso e renderla più bianca.”
Emozionata percorro lo stretto àndito dove il mio sguardo è attirato dal materiale per scrivere – risme di carta, quaderni – e dagli alambicchi per sciroppi per trovarmi poi nella cucina, entrambi luoghi in cui lo speziale lavora con i suoi garzoni e immagino il grande fervore che questi spazi hanno visto per generazioni in tante diversificate attività produttive – compresi zucchero, biscotti, confetti, dolci – e sento un moto di grande ammirazione per le conoscenze e la preparazione che gli speziali possedevano:

“L’esercizio dell’attività farmaceutica richiedeva un grande bagaglio di conoscenze tecniche. (…) Era necessario, quindi, che conoscesse dettagliatamente tutti quei processi che erano essenziali per creare dei farmaci, ad esempio, l’essiccazione delle erbe officinali, la loro triturazione, la distillazione, e la decantazione dei succhi estratti. Queste pratiche erano indispensabili per conservare i principi attivi usati per i preparati.”

Nel viaggio che l’autrice mi permette di fare anche all’interno del retrobottega imparo che lo speziale non doveva farsi mancare l’apicoltura in quanto miele e cera erano prodotti molto importanti nel suo lavoro. Come lo erano i veleni, tipo l’arsenico sia liquido che solido, e gli oli tra cui l’olio di scorpione, l’olio apostolico e l’olio di giglio, fiore che rappresenta la purezza e il cui estratto, quasi paradossalmente, veniva usato per curare la peste bubbonica.
La descrizione che l’autrice fa della spezieria è talmente approfondita che rende perfettamente l’idea di una attività commerciale di utilità per la popolazione e redditizia per chi la svolge. Attività molto controllata sia nella preparazione dei medicinali con regole da seguire prescritte dalla corporazione, sia per il prodotto finale che deve superare la prova dei “saggiatori” come si evince dallo Statuto, alias Breve senese degli speziali del 1356, di cui Veronica Ambrosino parla nella prima parte del saggio. Molto controllata e con la spina nel fianco rappresentata dai pizzicagnoli che oltre ai propri prodotti vendevano anche quelli delle spezierie compresi i medicinali, ma lo Statuto degli speziali prevedeva che i pizzicagnoli fossero ricercati una volta al mese e gli fosse comminata la giusta pena.
Da notare che la spezieria di Domenico di Bartolomeo di Luca era locata vicino all’ospedale di Santa Maria della Scala la cui attività è descritta in modo accurato dall’autrice.
Molto interessante l’Appendice su La spezieria del convento francescano della Verna in cui sono descritte molte specie vegetali presenti sul monte Penna, o della Verna: ribes rosso e nero, fiori vari tra cui la viola del pensiero, rosacee, malva ortica, zafferano e anche le piante officinali presenti nell’orto dei semplici del convento come la belladonna, le erbe aromatiche, il papavero, utilizzate dal frate speziale a fini curativi.
Con scrittura chiara, fluida e coinvolgente Veronica Ambrosino ci offre un approfondimento importante sull’antico mestiere dello speziale facendoci immergere in uno spaccato di vita medievale affascinante.

Recensione a cura di Clara Schiavoni.