La vita di Santa Marina, la monaca vestita da uomo. Di Maria Stelladoro

Vita di S. Marina, la monaca vestita da uomo. Di Maria Stelladoro. Graphe.it edizioni.

Questo breve saggio inizia raccontando la vita di S. Marina di Bitinia (Asia Minore); siamo tra il V e il VI secolo. Viene fuori, in questo caso, che la scelta di intraprendere la vita monastica maschile sia legata alla paura della solitudune: emerge, infatti, come la giovanissima Marina, rimasta orfana di madre, entra in convento per seguire il padre, che rimasto vedovo si ritira in un monastero.
Il saggio continua analizzando le vite di altre sante dal nome Marina, e non solo, che abbandonano i propri abiti femminili per assumere quelli maschili in monasteri di soli uomini.

Possiamo citare, tra le altre Marina qui mensionate, la sicula Marina di Scanio (sec. XI) o la giapponese Marina di Omura. Vengono prese in considerazione anche altre donne che scelsero gli abiti monastici maschili come Teodora/Teodoro di Aledsandria o la palestinese Susanna al secolo Giovanni.

L’autrice evidenzia, in particolare, i caratteri in comune fra queste donne:

  1. esse si travestivano da uomini per seguire il padre in monastero (Marina di Bitinia) o per sfuggire ad un marito violento o per sfuggiere a un matrimonio forzato;
  2. quasi tutte queste sante, durante la loro vita da “uomini”, in primis Marina di Bitinia, vengono accusate di stupro, “stupro” da cui o si difendono mostrando la loro vera natura o da cui nasceva un figlio che poi avrebbero cresciuto e accudito;
  3. Si scopriva che questi monaci erano donne o quando si difendevano dall’accusa di presunto stupro, o quando, dopo la loro morte, il loro corpo veniva preparato per la sepoltura.

Maria Stelladoro ha una scrittura tecnica ma capace di coinvolgere il lettore alla scoperta di alcune sante alquanto “insolite”.

Solitamente quando si pensa al medioevo e alle sue sante il primo riferimento che ci viene in mente è S. Caterina da Siena o S. Chiara: delle donne con una spiritualità assoluta ma che non hanno mai abbandonato i loro abiti femminili. Con questo saggio, invece, scopriamo che molte furono le donne che decisero di travestirsi da uomini per entrare in monastero.

Come ben sappiamo alle donne nel medioevo erano precluse molte strade: la loro libertà era pochissima sia fuori che, soprattutto, dentro ai conventi. Paradossalmente vestirsi da uomo ed entrare in un monastero maschile rendeva libere queste donne: libere di studiare, di farsi una cultura, libere di esprimere i loro pensieri e le loro opinioni, cose che le donne, in quanto tali, in questo periodo, non potevano facilmente fare (anche se ci sono esempi come Santa Ildegarda che dimostrano il contrario).

Ringrazio profondamente l’autrice di questo lavoro che mi ha permesso di conoscere più dettagliatamente la vita di queste donne travesiste da uomini: esse indossavano una maschera per essere ciò che volevano.

In questo saggio compare una citazione che vi ripropongo, perché queste parole mi hanno fatta riflettere molto e mi piacerebbe che fossero anche per voi un input di riflessione:

“Se una donna vuole servire Cristo e tralasciare il mondo materiale, DOVRÀ SMETTERE DI ESSERE DONNA. Allora sarà considerata come un uomo”. – Dal vangelo apocrifo di Tommaso –