Il Bargello. Di Caelos Perez Casas. Tradotto da Alice Croce Ortega.

Di seguito vi riporto la mia recensione in italiano e, in onore dell’autore che è spagnolo, troverete anche la recensione in lingua ispanica.

Buona lettura a tutti.

Il Bargello di Carlos Perèz Casas, tradotto, in italiano, da Alice Croce Ortega. II° edizione maggio 2020.

Questo romanzo è ambientato alla fine del 1134 e ci troviamo in Spagna. Siamo in piena “Reconquista” spagnola. I musulmani avevano invaso gran parte della Penisola Iberica, ma alcuni villaggi, più o meni grandi, rimarranno, o torneranno, sotto il dominio della potenza cristiana.
Apro adesso una piccola paretesi sulla Reconquista spagnola, per tentare di dare maggiori informazioni a tutti quei lettori che vogliono iniziare a leggere questo romanzo ma non hanno molte conoscenze sulle vicende storiche, che in quel periodo, erano vissute in Spagna. Detto ciò, vorrei anche sottolineare, che l’autore, nelle note introduttive del romanzo dà una spiegazione molto precisa e dettagliata sulla Reconquista, anche se, e giustamente, in maniera molto concisa. La Reconquista spagnola è il recupero dell’Andalusia dai musulmani ai cristiani, fu un lungo processo: in atto già fra VIII e IX secolo. Si protrasse fino al 1492, anno in cui la Reconquista si concluse con la caduta di Granada. Dal 1102 l’impresa militare di Reconquista venne assimilata ad una vera e propria crociata, (da molti storici, la Reconquista spagnola è considerata la prima vera e propria crociata).

Concentriamoci, adesso, sul romanzo: esso affonda le sue radici a Lacorvilla, piccolo villaggio non molto lontano da Aragona. Popolato da semplici contadini o pastori, gente umile dedita al lavoro e alle fatiche, che segue il ritmo lento e monotono delle giornate in maniera quasi rassegnata ad una vita di stenti, ma al contempo appagante perché soggetta a lunghi periodi di pace, un posto tranquillo dove far crescere la famiglia nelle tradizioni più comuni: che vedono gli uomini in un posto e le donne nell’angolo opposto! Così le cose vanno avanti da molto tempo a Lacorvilla, ma qualcosa presto sconvolgerà le abitudini dei tranquilli cittadini di questo villaggio.
A Lacorvilla vive Jimeno con tutta la sua famiglia e con tutta la sua “potenza”: lui è il bargello di queste terre. Dopo essere stato un valoroso guerriero il Signore di Lacorvilla, don Yéquera, lo aveva insignito di questo titolo, lui era diventato, con orgoglio, il capitano del popolo e, fa parte del suo lavoro e del suo ruolo, amministrare la giustizia all’interno del villaggio, facendo il buono e il cattivo tempo sulle varie vicissitudini.
Durante la Reconquista spagnola, nella Penisola Iberica, gli scontri e i periodi di rivolta erano all’ordine del giorno. E un po’ come avveniva in tutti i paesi dell’Europa del tempo, intorno ai villaggi scorrazzavano, sempre pronti all’attacco, briganti e malviventi più o meno organizzati.
Lavorvilla, ora, deve far fronte ad un’unica minaccia: gli Albari, briganti ben equipaggiati e ben coalizzati che si sono stanziati nei boschi nei pressi del villaggio per poi conquistarlo.
Jimeno deve far fronte a tre minacce: “Il Cavaliere dell’Inverno”, Sacncho il Nero e gli Albari.
“Il Cavaliere dell’Inverno” è un uomo misterioso, comparso dal nulla col suo valoroso servitore, rivendica il ruolo di padrone delle terre di Lacorvilla, in quanto sostiene di essere l’unico figlio di don Yéquera, che però non può testimoniare la veridicità di quelle affermazioni perché, poco prima che quest’uomo comparisse dal nulla, Yéquera era morto per mano degli Albari. Ma il Cavaliere dell’Inverno, tornato dalla Terrasanta come reduce di una crociata sarà veramente quello che dice di essere oppure è solo un impostore? Nonostante tutto, durante la battaglia contro gli Albari sarà un valoroso guerriero e darà manforte a tutti quelli che passarono sotto la sua spada.
Sancho il Nero, invece, è un poverissimo carbonaio, a cui la vita non ha mai riservato una gioia, si trova immischiato in vicende più grandi di lui, che renderanno ancora più impossibile la sua vita già abbastanza orribile. Vive del suo lavoro, del carbone che esce dalla sua carbonaia, racimola quello che può per superare un inverno dopo l’altro e per tentare di farlo superare anche al suo unico figlio, un giovane alquanto forte, nonostante i patimenti della povertà che ha dovuto subire fin dalla nascita. Quest’ultimo è capace di imparare velocemente l’arte della guerra e ad usare la spada come se fosse un oggetto facilmente utilizzabile. Il Cavaliere dell’Inverno vede in lui la speranza, lo sprona a combattere, ad essere coraggioso, gli insegna tutto quello che c’è da sapere per uscire vittoriosi da una battaglia, tornando a casa sani e salvi. Il giovane è sveglio e impara molto in fretta.
Gli Albari, come detto, sono dei briganti che vogliono tenacemente conquistare Lacorvilla, ce la faranno? O fuggiranno come codardi?

Lacorvilla è minacciata, sta per essere attaccata da uomini che sembrano molto abili e capaci in battaglia, ma il villaggio su chi può davvero contare? È un paese troppo piccolo per avere un esercito, magari anche modesto, di uomini dediti esclusivamente alle armi. Gli unici veterani di guerra sono il bargello, Jimeno, e il locandiere di Lacrovilla, nonché il Cavaliere dell’Inverno e il suo servitore, veterano di molte battaglie combattute in Terrasanta. Detta così sembra già una battaglia persa. Perdere Lacorvilla sarebbe la fine per i suoi abitanti: si sa, i briganti non risparmiano nessuno, prendono, passano e portano via, uccidono tutti quelli che passano sotto le loro lame, uomini, donne (anche quelle in dolce attesa), vecchi e bambini. E allora come si fa a difendere il villaggio da una così terribile minaccia? Ci si prova: tutti gli uomini sono richiamati alle armi, chi più, chi meno, tutti si impegnano ad imparare i segreti della guerra, segreti e lezioni che i popolani che non hanno mai visto una vera battaglia in tutta la loro vita ricevono da Jimeno, dal locandiere e anche dal Cavaliere dell’Inverno. Ma come può un contadino, o un pastore, o un umile artigiano, che non ha mai tenuto in mano una spada o un arco con le frecce imparare in pochissimo tempo ad utilizzarli, a sferrare i colpi giusti e nei momenti giusti, ad uccidere i nemici uno dopo l’altro, tentando di riportare se stesso a casa vivo e il più intero possibile?
Nella vita nulla è impossibile, tutto si può fare: la famiglia, la casa, vengono prima di tutto anche a discapito della propria vita. Perché gli uomini sono nati per vivere in pace gli uni con gli altri, hanno iniziato a fare le guerre e a darsi battaglia, e di conseguenza a non sentirsi più “fratelli”, quando la conquista del potere iniziava ad annebbiare le menti e le mani che si sporcavano di sangue rendevano orgoglio nel loro operato.
Gli Albari vogliono, pretendono, di conquistare Lacorvilla, e attaccano in modo cruento, attaccano degli uomini che alla bene meglio contrattaccano, alcuni, impauriti, tentano la fuga, altri più coraggiosi resistono e danno battaglia, uccidono, si difendono, vengono feriti, vengono mutilati… si fanno uccidere… si fanno uccidere uno dopo l’altro, la battaglia per Lacorvilla sembra persa. Fino al colpo di scena: alcune persone, che per ruolo e status sociale non dovrebbero essere in mezzo alla folla a combattere, hanno un’idea geniale: generare il fuoco, bruciando vivi i briganti. Lacorvilla, grazie a questo ultimo gesto di resistenza, inizia a vedere la luce infondo al tunnel. I briganti si danno alla fuga, 10 di loro rimangono privi di vita sul campo di battaglia, uccisi senza pietà dal fuoco o dalla lama di Jimeno.
LACORVILLA E’ SALVA!!!!
Jimeno ha un carattere forte e molto orgoglioso vorrebbe che tutto e tutti restassero al suo posto o forse al posto in cui lui vorrebbe che stessero… Questa volta, però, non è andata così, senza quel colpo di scena finale da parte di alcuni abitanti di Lacrovilla il villaggio sarebbe stato conquistato e Jimeno impiccato! Lui, però, vuole il merito della vittoria: non si arrende all’idea che qualcuno abbia fatto meglio di lui e che non sia stato lui ad aver attuato la soluzione finale contro gli Albari.

Iniziano i festeggiamenti e le commemorazioni per i defunti in battaglia. C’è un banchetto in onore delle coraggiose vittime di Lacorvilla, il ricevimento viene organizzato anche in segno di festeggiamento per la vittoria ottenuta. Ai festeggiamenti partecipa tutto il villaggio ( per lo meno i superstiti), fra di loro c’è anche lui: Sancho il Nero! Odia profondamente Jimeno per aver fatto giustiziare, molti anni prima, suo padre ingiustamente e per aver reso la vita impossibile a lui e a suo figlio. Jimeno ha rubato tutto a Sncho, di lì a poco gli ruberà anche la cosa più preziosa…
Dopo i festeggiamenti a seguito di una battaglia, c’è da pensare ai defunti: quelli di Lacorvilla vengono sistemati nel cimitero del villaggio dopo il rito funebre. Gli Albari rimasti uccisi sul campo di battaglia, non ricevono nessun rito religioso se non una rapida preghiera da parte del prete. Vengono sistemati fuori dal campo santo del villaggio, mentre il prete recita una preghiera in latino per commemorare quei morti sepolti sotto quelle 11 fosse che custodiscono un importantissimo segreto.

Impressioni e consigli: la lettura è stata molto piacevole e mi ha coinvolta fin da subito. Lo stile scrittorio dell’autore è decisamente buono.
Il romanzo ha fra le più grandi protagoniste la battaglia per liberare Lacorvilla dalla minaccia degli Albari, ma non dobbiamo dimenticare che il Medioevo è anche molto altro. Non sono mille anni di sole battaglie. Tendo a notare che i più interessati, e preparati, a trattare, anche minuziosamente, di battaglie medievali sono gli autori uomini a differenza delle colleghe donne, che magari, nei loro scritti, trattano di guerre ma in maniera più marginale e/o meno dettagliata.
A mio personale avviso il testo può essere letto da chi ha un minimo di sapere strico-medievale, e quindi lo reputo adatto ad un pubblico di adulti. Scelta stilistica che trovo del tutto positiva.
Nel corso della lettura del romanzo ho trovato delle onomatopee, che ovviamente fanno parte della scelta stilistica dell’autore, ma che personalmente non approvo molto i un romanzo adatto ad un pubblico di adulti. Le onomatopee si trovano principalmente nei fumetti o nei romanzi per ragazzi e sono, sempre a mio modesto avviso, molto più adatte in testi che trattano di “argomenti più leggerei”. Questo è solo un suggerimento e un mio personalissimo appunto, che non vuole assolutamente rendere questa recensione negativa. Comunque, personalmente, avrei del tutto omesso le onomatopee.
Cosa che mi ha soddisfatta moltissimo è la quasi totalità di assenza dei refusi, segno di un editing e di una traduzione eccellenti.
Il colpo di scena finale, lascia del tutto spiazzato il lettore: in quattro righe si arriva a capire quello che nel corso del romanzo si intuisce ma lo si vede concretizzato. Un finale al top, che lascerà il lettore a bocca aperta, come ha lasciato me.
La lettura è da me consigliata a tutti gli appassionati del Medioevo, che cercano un romanzo ambientato in un luogo diverso dall’Italia.

BUONA LETTURA A TUTTI

Veronica Ambrosino

“El Alguacil” es una novela ambientada en España a finales de 1134. Estamos en plena “Reconquista”.
Abro ahora un pequeño paréntesis sobre la Reconquista española, para aquellos lectores que quieren empezar a leer esta novela, pero no conocen demasiado los hechos históricos que estaba viviendo España en esa época. Sin embargo, deseo enfatizar que el autor, en la introducción de la novela, da una explicación bastante exhaustiva de la Reconquista, aunque, y con razón, de forma muy concisa. Volvamos a los hechos: los musulmanes habían invadido gran parte de la Península Ibérica, pero algunas zonas, más o menos grandes, siempre se resistieron y permanecieron bajo el dominio del poder cristiano. La Reconquista española, que podemos definir como la recuperación de Al-Ándalus por parte de los cristianos, fue un proceso largo: ya en marcha entre los siglos VIII y IX, continuó hasta 1492, con la caída de Granada. A partir de 1102 la empresa militar de la Reconquista fue convirtiéndose en algo cada vez más parecido a una cruzada (según muchos historiadores, la Reconquista española fue la primera cruzada propiamente dicha).
Centrémonos ahora en la novela. La acción se desarrolla en Lacorvilla, un pueblo no muy lejos de Aragón. En él viven simples campesinos y pastores, gente humilde entregada al trabajo, al trabajo duro, que sigue el ritmo lento y monótono de los días y que parece resignada a una vida de penuria, pero a la vez satisfactoria por estar sujeta a largos períodos de paz, es decir un lugar tranquilo donde criar a su familia ciñéndose a las tradiciones más básicas: ¡que ven a los hombres en un lugar y a las mujeres en el rincón! Así es como las cosas han estado funcionando durante mucho tiempo en Lacorvilla, pero en breve algo va a pasar que influirá en el día a día de los tranquilos vecinos de la aldea.
En Lacorvilla vive Jimeno con su familia y con todo su poder, pues es el alguacil de estas tierras. Jimeno en su juventud había sido un valiente guerrero y, al regresar de la guerra, el señor del castillo, don Yéquera, le había concedido ese cargo: el antiguo soldado ahora vela sobre la seguridad de sus vecinos y administra la justicia, como es su deber. Si embargo, lo hace a su manera.
Durante la reconquista, en la Península Ibérica los enfrentamientos y las sublevaciones eran muy frecuentes. Y de forma parecida a lo que ocurría en el resto de Europa por esos tiempos, alrededor de muchos pueblos había pandas de bandidos y malhechores más o menos organizados, siempre listos para atacar. Pues bien, de pronto Lacorvilla debe enfrentarse a una amenaza: los Albares, bandidos muy bien equipados y adiestrados, se han instalado en los bosques de los alrededores del pueblo y se preparan a hacerse con él.
Jimeno, sin embargo, no tiene solo un enemigo, si no tres: el Caballero del Invierno, Sancho el Negro y los Albares.

  • El Caballero del Invierno es un personaje enigmático, que aparece de la nada con su valiente escudero para reclamar sus tierras, pues asegura ser el único hijo de Don Yéquera. Sin embargo, el viejo Señor del castillo no puede testificar en su favor, pues justo antes de que nuestro caballero aparezca, su supuesto padre ha muerto a manos de los Albares. ¿El Caballero del Invierno, que mientras tanto nos hace saber que ha regresado de Tierra Santa después de luchar en la cruzada, será realmente lo que dice ser o es solo un farsante? A pesar de todo, durante la batalla contra los Albares luchará con valor en defensa de los vecinos de Lacorvilla.
  • Sancho el Negro es un carbonero que vive en la miseria, a quien la vida nunca ha concedido ni una sola alegría, y que se ve envuelto en acontecimientos que le superan: lamentablemente su vida, ya tan dura, será cada vez más difícil. Vive de su trabajo, del carbón de su carbonera, ganando lo que puede para sobrevivir un invierno tras otro junto con su único hijo, un joven sano y fuerte, a pesar de la pobreza en la que ha vivido desde que nació. El joven, ante el peligro de los albares aprende rápidamente el arte de la guerra y a utilizar la espada con gran facilidad. El Caballero del Invierno lo nota y lo anima a luchar, a ser valiente; le enseña todo lo que hay que saber para ganar en la batalla y regresar a casa sano y salvo. El joven es muy espabilado y aprende rápido.
  • Y los albares son los albares, bandidos que han decidido que Lacorvilla será su próximo objetivo y están decididos a conquistarla para obtener un rico botín: ¿serán capaces de lograr su hazana? ¿O se verán obligados a escapar como cobardes?
    Lacorvilla está a punto de ser atacada por hombres que parecen muy hábiles y capaces en la batalla, pero ¿los vecinos están preparado para defender el poblado? Es una aldea demasiado pequeña para tener ni siquiera un pequeño grupo de soldados para protegerla. Los únicos veteranos de guerra son el alguacil, Jimeno, y el posadero, Bermudo, así como el Caballero del Invierno y su escudero, veteranos de muchas batallas en Tierra Santa. Parece una batalla perdida. Y el precio sería altísimo, pues todos saben que los albares no perdonan a nadie, donde pasan arrasan y matan a todos los habitantes de cada pueblo que cae en sus manos: hombres, mujeres, ancianos y niños. Entonces, ¿cómo proteger al pueblo de una amenaza tan terrible? Jimeno decide intentarlo: los hombres serán adiestrados al uso de las armas y, algunos más, otros menos, todos se comprometen y empiezan a conocer los secretos de la guerra. Y los vecinos de Lacorvilla, que nunca han visto una auténtica batalla en toda su vida aprenden los rudimentos de la lucha gracias a Jimeno, al posadero. y también al Caballero del Invierno. Pero ¿cómo pueden un granjero, o un pastor, o un humilde artesano, que nunca han empuñado antes una espada o un arco, aprender en tan poco tiempo a usarlos, a hacer los movimientos correctos, en el momento adecuado, a vencer a un enemigo tras otro, tratando regresar a sus casas vivos y posiblemente sanos?
    Nada es imposible, y la familia, el hogar, vienen, ante todo, incluso antes de la vida misma. Porque los hombres nacieron para vivir en paz unos con otros, pero comenzaron a pelear y por lo tanto dejaron de sentirse “hermanos”, sobre todo cuando la conquista del poder comenzó a nublar las mentes y las manos se mancharon de sangre. Enorgulleciéndose de sus hazañas.
    Los albares están decididos a conquistar Lacorvilla, y atacan con agresividad; atacan a hombres que como mucho intentan defenderse como pueden. Algunos, asustados, intentan escapar; otros más valientes resisten y luchan, matan, quedan heridos, o incluso mutilados… mueren… mueren uno tras otro, y llega un momento en el que la batalla por Lacorvilla parece perdida. Pero algo sucede: alguien que no debería estar ahí, que según las normas de aquellos tiempos no debería participar en la batalla, tiene una idea extraordinaria: generar fuego quemando vivos a los ladrones. Lacorvilla empieza a salir del trance: los bandidos huyen, pero diez de ellos caen sin vida en el campo de batalla, asesinados sin piedad por el fuego o por la espada de Jimeno.
    ¡LACORVILLA ESTÁ A SALVO!
    Jimeno tiene un carácter fuerte y muy orgulloso, le gustaría que todo y todos se quedaran en su lugar o quizás en el lugar en el que a él le gustaría que estuvieran… Esta vez, sin embargo, no ha sido así: sin ese giro final e inesperado de algunos de los habitantes de Lacorvilla, ¡el pueblo caería en manos de los bandidos e incluso Jimeno sería ajusticiado! Sin embargo, quiere atribuirse el mérito de la victoria: no soporta que alguien lo haya hecho mejor que él; ni que no fuera él quien tuvo la idea que acabaría con los albares definitivamente.
    Comienzan las celebraciones por los caídos en la batalla. Se prepara un banquete en honor de las valientes víctimas de Lacorvilla, y para celebrar la victoria. Todo el pueblo se reúne en el banquete (los supervivientes, claro), y entre ellos también está él: ¡Sancho el Negro! El carbonero odia a Jimeno con todas sus fuerzas porque muchos años antes había ajusticiado injustamente a su padre y por condenarlo a él y a su hijo a una vida de penurias. Jimeno le ha robado todo a Sancho, pronto también le robará su tesoro más preciado…
    Después de las celebraciones, no queda más remedio que pensar en los muertos: los de Lacorvilla descansan en el cementerio del pueblo, después del funeral. Los albares que cayeron en el campo de batalla, sin embargo, se enterraron apresuradamente y lejos del cementerio; más tarde, el sacerdote dedicará una oración en latín para honrar también a los muertos enterrados bajo esas once tumbas que guardan un secreto muy importante…
    Impresiones y sugerencias: la lectura ha sido muy placentera y me ha enganchado desde el principio. El estilo del autor es excelente.
    Uno de los protagonistas de la novela es la batalla para liberar a Lacorvilla de la amenaza de los Albares, pero no debemos olvidar que la Edad Media también es mucho más. No se trata de un millar de años de batallas y se acabó. Suelo notar que los más interesados y preparados en abordar, a veces muy minuciosamente, las batallas medievales son los autores varones, a diferencia de las damas, que, en mi experiencia, describen guerras y batallas dándoles un poco menos espacio y/o con menos detalle.
    En mi opinión, es una novela apta para un público con algo de conocimiento de la historia de la Edad Media, por lo que creo que puede ser mejor apreciada por un lector adulto. Elección que considero completamente positiva.
    Al leer la novela, encontré cierto número de onomatopeyas, que obviamente forman parte de la elección de estilos del autor; sin embargo, os comparto que personalmente no me gustan demasiado en una novela apta para un público adulto. Las onomatopeyas se encuentran principalmente en cómics o novelas infantiles y son, en mi humilde opinión una vez más, mucho más adecuadas en textos que tratan de “temas más ligeros”. Solo es una sugerencia y una nota muy personal mía, que en absoluto quiere representar un juicio negativo. Sin embargo, personalmente, habría omitido por completo las onomatopeyas.
    He notado poquísimas erratas, algo que me ha sorprendido muy gratamente; en mi opinión, signo de una excelente edición y traducción.
    El giro final es algo increíble: en cuatro líneas el lector comprende lo que mientras leía la novela solo ha podido intuir, y no las tengo todas conmigo. Un final por todo lo alto que os va a dejar boquiabiertos, como me dejó a mí.
    Recomiendo la lectura de “El alguacil” a todos los lectores amantes de la Edad Media en busca de una novela ambientada fuera de Italia.

Traduzione della recensione a cura di Alice Croce Ortega.